di Raimondo Capasso
Dopo aver parlato nell’ultimo articolo di “vini particolari”, quali vini muffati, di ghiaccio, liquorosi e aromatizzati, oggi ci soffermiamo nel parlare de “i 5 vitigni più famosi di Italia”.
La vite in Italia
La vite in Italia è coltivata fin dal secondo millennio avanti Cristo e non c'è regione italiana che non abbia i suoi vigneti. Da nord a sud, in collina, in pianura, in montagna, persino sulle isole più piccole, la vite cresce rigogliosa.
Grazie alla sua conformazione geografica ed alla sua storia, l'Italia è il paese al mondo con la maggiore varietà di vitigni.
I 5 vitigni più famosi in Italia:
Ecco, da nord verso sud, la lista de “i 5 vitigni più famosi in Italia”
Nebbiolo
Il Nebbiolo è un vitigno a bacca rossa autoctono del Piemonte, deve probabilmente il suo nome alla nebbia che, nel periodo della vendemmia, è frequente nelle zone delle Langhe, dove il Nebbiolo cresce rigoglioso. Un’altra teoria prevede, invece, che il suo nome derivi dall’abbondanza di pruina sulla sua buccia. In fatti la pruina, sostanza cerosa che riveste con un sottile velo biancastro gli acini di uva, fa sembrare gli acini di uva ricoperti di “nebbia”.
Si tratta, però, di un vitigno difficile da coltivare: il precoce germogliamento e la precoce fioritura, uniti alla maturazione tardiva, lo espongono a più avversità climatiche e fanno inoltre sì che questo vitigno prediliga zone non troppo elevate e ben esposte. Basti pensare che in Piemonte, dove è più diffuso, è coltivato solo nel 5% della superficie vitata regionale.
Il Nebbiolo, vinificato in purezza, dà alcuni dei vini rossi più apprezzati e conosciuti in tutto il mondo, di grandissima longevità, potenza e struttura. Infatti, nella zona delle Langhe, dove il vitigno trova la sua massima espressione, abbiamo una dei vini DOCG più famosi ed apprezzati nel mondo: il Barolo.
Soprannominato “il re dei vini, il vino dei re”, il Barolo, è un vino di colore rosso rubino, fresco e vivo, che tende all’aranciato nel tempo. Al naso gli inconfondibili profumi dell’uva Nebbiolo di rosa e confettura di frutta rossa si accompagnano con piacevoli note calde di tostato, vaniglia e tabacco.
Prima di essere messo in commercio, il Barolo, prevede 3 anni di invecchiamento di cui 18 mesi in botti di legno.
Corvina
Il Corvina è un vitigno a bacca rossa autoctono del Veneto, deve il suo nome alla scurissima colorazione della buccia dei suoi acini, che appare quasi nera proprio come l’omonimo volatile.
Coltivato sin dall’epoca romana, il Corvina, presenta un grappolo allungato, compatto e alato, con acini dalla buccia spessa e consistente.
Questo vitigno dona vini dall’inteso colore rubino, che esprimono al naso sentori di ciliegia, cui susseguono note speziate e minerali se stappati dopo qualche anno di affinamento.
Di buona struttura e acidità, tali vini mostrano in genere equilibrio gustativo e propensione all’invecchiamento. Viene utilizzata nella D.O.C. Valpolicella, Garda e Bardolino e nelle DOCG Bardolino Superiore.
Ma è nel territorio della Valpolicella che esso trova la sua massima espressione con l’Amarone della Valpolicella DOCG e il Recioto della Valpolicella DOCG. Questi due vini sono tra i più famosi vini veneti ed hanno la caratteristica di essere prodotti da un blend di uve passite di Corvina, Corvinone, Rondinella, Oseleta e Negrara, manualmente selezionate ad inizio Settembre in cassettine e lasciate ad appassire nel fruttaio fino a Gennaio. La differenza nel procedimento di produzione è nella parte finale: nell’Amarone infatti tutta la parte zuccherina contenuta nel mosto viene trasformata in alcool. Il vino viene separato dalle bucce quando finisce di fermentare. Nel Recioto, invece, si interrompe la fermentazione a metà in modo da ottenere un vino ben strutturato con una parte alcolica più bassa rispetto all’Amarone ma con un residuo zuccherino importante in moda da avere un vino dolce, da dessert.
San Giovese
Il Sangiovese è il vitigno a bacca rossa più coltivato in Italia, occupa circa l’11% della superficie vitivinicola italiana ed è molto diffuso nelle regioni di: Toscana, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise e Basilicata. È anche uno dei vitigni più antichi, pare che fosse già noto in epoca etrusca, infatti, la sua origine è collocata nell’Appennino Tosco-Emiliano, dove i monaci cappuccini producevano un vino rosso dal nome “Sanguis Jovi”, ossia “Sangue di Giove” (dall’omonimo Monte Giove sito nei pressi di Sant’Arcangelo di Romagna).
Il San Giovese giunge in genere a maturazione tra la fine di Settembre e gli inizi di Ottobre, il suo grappolo si presenta di taglia medio piccola o medio grande, di forma cilindrico-piramidale, più o meno compatto e dotato di una o due ali.
Si parla in modo generico di San Giovese, ma in realtà sotto questo nome rientrano un gran numero di “cloni” nei quali questo vitigno si è differenziato nel corso dei secoli e nei diversi territori dove è collocato. Basti pensare che in Toscana l’ampelografia convenzionale divide il San Giovese in due gruppi in base alle dimensioni degli acini:
- Sangiovese Grosso: è il più pregiato, coltivato in quantità limitata e quasi esclusivamente nella zona di Montalcino (SI) dove viene chiamato Brunello e nelle zone di Montepulciano (SI), dove viene chiamato Prugnolo Gentile;
- Sangiovese Piccolo: il più comune e diffuso nella regione che prevede diversi nomi a seconda nelle zone, fra cui Morellino in Scansano (GR).
È in Toscana, che presenta la sua massima espressione, infatti, esso è alla base delle prestigiose DOCG toscane come: Chianti, Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Morellino di Scansano, Vino Nobile di Montepulciano e Carmignano.
Aglianico
L’ aglianico è un vitigno a bacca rossa diffuso in tutto il meridione, l’origine del nome è difficile da stabilire con precisione. Sembra però sia arrivato da noi per merito dei greci e quindi con il nome Hellenico. La denominazione attuale sarebbe nata in seguito alla dominazione degli Aragonesi nel sud Italia: Aglianico deriverebbe infatti dalla pronuncia spagnola di Hellenico. Certa è invece la grande qualità di questo vino, tale da farlo soprannominare anche il Barolo del Sud.
Questo vitigno presenta un grappolo piuttosto piccolo e compatto, con acini piccoli e dalla buccia spessa, pruinosa e di colore blu-nero. Ha una maturazione tardiva, verso la fine di Ottobre e l’inizio di Novembre, è ricco di tannini ed è povera di zuccheri.
Data la ricchezza di polifenoli, il vino che se ne ricava è adatto all’invecchiamento e richiede un lungo affinamento in botte, oltre che in bottiglia, per limare i suoi potenti tannini e la grande acidità, stemperando così il suo carattere austero, specialmente nelle versioni con lunghi periodi di macerazione sulle bucce.
Il vino prodotto con l’aglianico si presenta di un colore rosso granato, un profumo intenso con sentori di frutti rossi, che nella maturazione assumono le sfumature delle confetture.
L’Aglianico esprime il suo massimo potenziale sui terreni vulcanici, quali ricordiamo il Taburno ed il Taurasi in Campania ed il Vulture in Basilicata. Infatti, proprio in alcuni Comuni della provincia di Avellino che si ricava dall’uva aglianico (minimo 85%), uno dei vini migliori del sud Italia: il Taurasi DOCG. Esso è un vino corposo, dalla struttura importante tanto quanto la gradazione alcolica, che conferisce un’immediata sensazione di calore nel momento della sua degustazione. Il disciplinare prevede un invecchiamento minimo di tre anni, di cui uno in botte, mentre, per la variante Taurasi Riserva DOCG, sono previsti minimo quattro anni di invecchiamento di cui uno in botte.
Primitivo
Il Primitivo è un vitigno a bacca rossa tra i primi dieci vitigni più coltivati in Italia, ma è in Puglia che trova la sua massima espressione e dove si colloca l’origine dell’introduzione nella nostra penisola. Infatti, una prima teoria identifica l’introduzione del vitigno in Puglia risalente a oltre duemila anni fa, al periodo della colonizzazione fenicia, mentre, altri sostengono che il Primitivo sia stato introdotto nella zona di Gioia del Colle da frati benedettini venuti dalla Borgogna nel XVII secolo.
Il nome del vitigno, invece, proviene dalla precocità di maturazione delle sue uva, infatti il Primitivo si vendemmia verso la fine di Agosto e gli inizi di Settembre.
Il Primitivo viene spesso allevato ad alberello, che garantisce una produzione molto bassa ma di estrema qualità. E’ una vite che tende ad essere molto longeva ed è possibile trovarne anche di età superiore a 80 anni, ancora su piede franco - ne abbiamo parlato nell’articolo sulla vinificazione .
Le caratteristiche di intensità e di corpo dei vini ottenuti dal Primitivo, unitamente alla sua alta produttività (anche se non molto costante) hanno fatto sì che in passato fossero utilizzati soprattutto come vini da taglio. Soltanto in tempi più recenti, lavorando sulla riduzione delle rese, ritornando alle forme di allevamento tradizionale (alberello Pugliese) ed utilizzando tecniche di vinificazione più accurate, il Primitivo ha portato a prodotti veramente notevoli che ne hanno determinato la riscoperta da parte del grande pubblico.
Il Primitivo così prodotto ha generalmente un colore rubino intenso e profondo, con sfumature violacee che tendono al granato con l’invecchiamento. Il profumo è di frutti rossi come amarena, more, prugne, con in più note floreali di viola. L’affinamento in legno gli dona sentori speziati, tra i quali troviamo cannella, cacao, pepe nero e liquirizia. Al palato è caldo, pieno ed avvolgente, con tannini delicati e dotato di buona persistenza.
La Puglia può vantare due DOP che si basano sull’impiego delle uve di questo vitigno: si tratta del Primitivo di Manduria DOP, e del Primitivo di Gioia del Colle DOP.
Queste due aree, pur essendo poco distanti fra loro, producono vini con sfumature diverse, a causa di condizioni pedo-climatiche distinte. Il vitigno, inoltre, è presente in percentuali minori anche in altri disciplinari pugliesi.
- Primitivo di Gioia del Colle D.O.P.: rientrano sedici Comuni della provincia di Bari, con terreni rossi, calcarei e argillosi, a un’altitudine compresa tra i 200 e i 450 metri. Il Primitivo di questa zona ha caratteristiche specifiche, sulle quali spicca la mineralità, abbinata alla tipica intensità e a una buona longevità in cantina. Il Primitivo di Gioia del Colle prevede l’utilizzo in purezza del vitigno, con un titolo alcolometrico minimo non inferiore al 13%;
- Primitivo di Manduria D.O.P.: comprende numerosi Comuni delle province di Taranto e di Brindisi, distinguibili fra quelli dell’Arco jonico e quelli salentini. Lungo le cose dell’Arco jonico il clima è mediterraneo, con estati calde e inverni miti, mentre la scarsa piovosità si concentra soprattutto in inverno. Nel Salento il clima è più umido, ma ugualmente poco piovoso, mentre dal punto di vista dei terreni le due zone presentano caratteristiche diverse. Il disciplinare prevede l’impiego di Primitivo per un minimo dell’85% sul totale, con un 15% ammissibile proveniente da altri vitigni a bacca rossa non aromatici della zona. Il titolo alcolometrico della versione base non può scendere al di sotto del 13,5%, mentre per la versione “Riserva” il limite minimo sale al 14%, con 24 mesi di affinamento, di cui nove in botti di legno.